È ciò che rende qualcosa, o qualcuno, memorabile e interessante (che è poi l’essenza del branding e del personal branding). La spezia che rende gustoso il nostro piatto. Quella musica irresistibile che riesce a far muovere e emozionare chi la ascolta. Proprio come una pietanza gustosa o una canzone ben scritta, non può e non deve piacere a tutti. Deve, però, riuscire a catturare il suo pubblico, la sua nicchia di mercato. Sto parlando della personalità. La personalità di un brand, certo, ma anche delle persone che lo rappresentano, che lo hanno costruito, che a quel brand hanno dato corpo e anima perché potesse rappresentare una vision, un insieme di valori, un certo modo di fare le cose.
Ecco, senza una personalità che comprenda e, soprattutto, che comunichi tutto questo, un progetto non può che rimanere una delle tante anonime offerte che affollano il web e che si fanno la lotta tra loro a colpi di prezzi bassi e offerte stracciate. “Le persone non comprano prodotti o servizi, ma relazioni, storie, magia“. Lo ha detto Seth Godin, uno dei più autorevoli pensatori nell’attuale panorama dell’economia e del marketing. Se ci si guarda per un secondo intorno, non ci si può non rendere conto che è proprio così e che che questa tendenza diventerà con il passare del tempo sempre più forte, ingobando sempre più nel concetto di “storie” anche elementi valoriali e di visione del mondo.
Sempre di più, il pubblico vuol sapere non solo cosa sta comprando, ma anche chi lo ha realizzato, come e secondo quali princìpi. Sostenibilità, filiera a chilometro zero, consumo etico del territorio e delle materie prime, sono solo alcuni degli esempi più lampanti in questo senso. Ma non è solo dal punto di vista dell’etica e della sostenibilità che vale questa regola. Una storia ben raccontata è da sempre il migliore strumento di vendita che un brand possa mettere in campo. E cosa raccontare, se non quegli elementi di personalità da cui questo ragionamento è partito? Tone of voice, visione del mondo, approccio alla vita, sono tutti elementi che contribuiscono a interessare ed attrarre la propria nicchia di pubblico, a fare in modo che si venga ricordati, persino amati.
Se si vuole avere qualche chance di essere riconoscibili e memorabili, è necessario – anzi imperativo – dare voce alla propria personalità in modo che appaia ben definita, originale, interessante. Raccontate una storia, parlate di ciò in cui credete, di cosa vi spinge ad alzarvi dal letto la mattina, di cosa vi da entusiasmo. Ma fatelo bene, ve ne prego. Giuro che mi troverete a sbattere ripetutamente la testa contro il muro se dovrò leggere nuovamente nella pagina “Chi siamo” di un’azienda frasi come “Siamo una realtà giovane e dinamica” oppure “I nostri prodotti sono di alta qualità”. Non basta nemmeno parlare genericamente di “sostenibilità” o “filiera corta”. Tutte queste parole, non hanno alcun significato. Suonano all’orecchio del vostro target come rumore bianco, il suono del tram che passa sotto al casa al quale ti abitui presto, non lo senti neanche più.
Immagini, parole, storie devono essere invece autentiche, uniche, originali – perché è così che certamente sono le persone che quel brand o quell’azienda l’hanno fondata, l’hanno fatta crescere, la stanno guidando. Non abbiate paura di esporvi, di mostrare chi siete davvero, di metterci la faccia se serve. Ricercate l’unicità, l’autenticità, in altre parole, la verità. Fatelo con personalità, con il vostro modo di dire le cose, facendo trasparire la vostra visione del mondo.
È proprio per questo che è nato il progetto Aboutpage: per tirare fuori l’unicità da brand e aziende che, unici, lo sono già e lo sono per davvero, ma che magari stanno facendo fatica a raccontarlo, oppure che lo vogliono raccontare ancora meglio. Mettiamo in campo metodo, idee e lucida follia. Perché come diceva Bertrand Russel “L’equilibrio tranquillizza, ma la pazzia è molto più interessante”.
Foto: un fotogramma del film “Split” (2016), diretto da M. Night Shyamalan.